I Fast Animals and Slow Kids ci hanno raccontato del loro album “Dal Vivo+Orchestra”. Leggi e ascolta l’intervista al gruppo!
Qui di seguito vi riportiamo l’intervista di Giorgio Dazzi e Simone Rossi ai Fast Animals and Slow Kids all’interno di Fin qui tutto bene: il programma pomeridiano di Radio LatteMiele in onda dal lunedì al venerdì dalle 17.00.
1_ Voi siete un gruppo da quindici anni.
Fa male dirlo, perché significa che siamo invecchiati. Non si vede perché ci teniamo giovani andando in palestra e usando tanto ghiaccio. Tipo terapia criogenica.
2_ Quante volte in questi anni avete pensato di cambiare nome anche solo per non dover spiegare il perché ogni volta? I vostri genitori cosa hanno detto?
Ci pensiamo una volta all’anno.
La consapevolezza di essere un gruppo nasce alla nostra prima intervista perché, all’inizio, tutto era nato per stare insieme tra amici, non volevamo diventare musicisti.
Abbiamo tentato con tutte le altre band che abbiamo avuto. Questa era più “chill” ed è la sola che ha funzionato.
Il nome è nato in sala prove, bevendo birra. Facendo interviste ci siamo chiesti: “Ma non potevamo chiamarci tipo “Ghiaccio”?”
Ai nostri genitori non interessava, eravamo da soli in sala prove. La nostra fortuna è l’acronimo. Stiamo cercando di spingere in quella direzione.
3_ Venerdì 15 dicembre uscirà il disco registrato durante il Ravenna Festival.
Sì, è stato registrato con un’orchestra di trenta elementi. Quando una band come la nostra, che ha vissuto nel piccolo, si confronta con dei musicisti classici si deve sondare il terreno e capire come funziona.
Magari nelle prove dicevamo: “Ripartiamo dal ritornello” e loro rispondevano: “Sì, ma da quale battuta?”. È diversa la composizione di una band che sta insieme da quindici anni e un’orchestra, probabilmente, creata ad hoc che si incontra per la prima volta.
È un lavoro pazzesco, super entusiasmante. Credo sia il centro della musica, quello di rimanere sempre sul bordo del burrone e fare cose nuove.
4_ A chi è venuta l’idea?
È un’idea che arriva da lontano, non è una cosa che nasce da una cena. È un pensiero che avevamo da tanto.
Abbiamo sempre pensato di ampliare il gruppo con nuovi strumenti e sonorità, lo facciamo nei nostri album da tempo. Così la decisione di portarlo al vivo.
Conoscevamo già il direttore d’orchestra Carmelo Patti, aveva collaborato con noi in alcuni dischi. È una scelta complessa anche a livello tecnico.
Ad esempio, è difficile tenere insieme tutti gli strumenti e il cambiare i pezzi in acustico mantenendo la ruvidezza dei nostri concerti. Ce l’abbiamo fatta, anche se con fatica.
Con alcuni componenti siamo rimasti amici, specialmente con chi era già partecipato al nostro tour con l’orchestra da camera da sette elementi.