Malika Ayane ci racconta il suo “Malifesto”: il nuovo disco, fresco fresco d’uscita. Leggi e ascolta l’intervista!
Qui di seguito vi riportiamo l’intervista di Anna Patti a Malika Ayane, all’interno di Tutti amano il weekend – sabato : il programma di Radio LatteMiele in onda ogni sabato dalle 11.00 alle 13.00.
1_ Parliamo di “Malifesto”, il tuo ultimo disco uscito il 26 marzo 2021. È un titolo che ti rappresenta molto.
Esatto. Da una parte è il manifesto di Malika 2020-2021: chi è Malika oggi e come racconta le cose. Dall’altra, è semplicemente un gioco di parole attorno al fatto che bisogna dare più spazio alle emozioni, quindi manifestarle. Ho poi declinato la prima persona del verbo all’indicativo manifestare (unendola al mio nome).
2_ Anche la copertina dell’album, una foto in bianco e nero in movimento, è molto particolare.
È uno scatto del mio amico Max Cardelli: uno di quei professionisti in grado di cogliere l’anima dei suoi soggetti. È in grado di fotografarmi sia quando sono super “apparecchiata” sia quando, come nel caso della foto di copertina, sono struccata, spettinata e appena arrivata sul set.
3_ È l’album della tua maturità artistica, professionale e umana. Stai vivendo un momento in cui ti senti “risolta”?
L’unica cosa buona che l’ultimo anno ci ha dato, nel suo essere tremendamente tragico, è stato l’obbligo di interfacciarci con il nostro modo di percepire le cose. Ci siamo dovuti ascoltare.
Ho fatto un po’ un’analisi, un bilancio della persona e dell’artista che sono, con tutti i percorsi che ho intrapreso in questi primi 37 anni di vita.
Mi sono detta che tutto sommato, non sono poi così male. Sono estremamente severa con me stessa: mi sono guardata con più affetto ma non con troppa accondiscendenza. Mi sono compresa un po’ di più e concessa la libertà di sbagliare senza sentirmi troppo in colpa. Il risultato? Una libertà maggiore sia nella scrittura sia nella collaborazione con gli altri.
4_ C’è differenza fra il riconoscersi, cosa che fai con molta libertà nel singolo sanremese “Ti piaci così”, e l’accettarsi. Ci spieghi meglio?
Sono nata a metà negli anni ’80, il periodo delle top model. A 12 anni ero già come sono adesso. Io e alcune mie amiche non corrispondevamo a quei canoni di bellezza. La cosa che mi sentivo dire più spesso, di cui mi rendevo conto, è “devi accettarti per quello che sei”.
Negli occhi delle mamme e di tante altre figure adulte, che sarebbero dovuti essere dei punti di riferimento, quell’accettarsi suonava come una sorta di rassegnazione.
Motivo per cui, ho imparato a considerare il verbo “accettare” in maniera positiva quando si tratta di un dono o di una proposta sentimentale che apparentemente sembra folle. Ho deciso di non considerarlo quando si tratta di sé stessi.
Mi sembra più un sinonimo di rassegnazione. Mi piace di più l’idea di riconoscersi e di vedersi per ciò che si è, volendosi molto bene. Non c’è un motivo per non amarsi!
Malika Ayane: “Vi presento il mio Malifesto”
5_ Nel singolo si parla anche del tempo che scorre e dell’importanza di vivere pienamente ogni momento della vita.
Il presente è l’unica cosa che abbiamo con certezza. Presente e passato sono le uniche cose da guardare per non essere troppo “zappe”. Va bene commettere degli errori… Ma almeno che siano diversi e non sempre gli stessi (ride, ndr). Bisogna amare quello che si è e che il tempo ci ha insegnato.
6_ In questo album ci sono molte collaborazioni, oltre a Pacifico con cui scrivi quasi sempre. Ci sono Colapesce e DiMartino, Leo Pari…
Non solo! La vera novità è che abbiamo lavorato in tanti anche sui testi. Quello che succedeva prima era che ricevevo melodie su cui poi lavoravo da sola o con Pacifico. In questo caso invece, abbiamo creato come delle piccole scatole in cui ci siamo mescolati come delle carte. È stato straordinario. Ognuno ha trovato la propria versione della stessa storia. L’italiano poi è una delle lingue più belle del mondo!
Ci siamo divertiti molto. Penso si senta la coralità della scrittura che permette più facilmente di cascare dentro un brano. È una cosa inedita per i miei lavori. Prima li capivi e li interpretavi in maniera diversa. Ora è come se riuscissimo a prendere per mano più persone.
7_ A volte la lingua italiana non ci aiuta molto, non è sempre musicale. C’è anche tanta ricerca sotto questo punto di vista. Il tuo è un album molto raffinato.
Dopo aver realizzato gli ultimi due dischi a Berlino, avevo intenzione di andare in Francia a cercare le sonorità giuste. Complice però la pandemia che ci ha obbligati in casa, ho fatto un ragionamento diverso. Ho trovato delle persone che come me amano girare il mondo per poi, portare a casa tutto quello che hanno imparato.
Ecco perché sono molto fiera dei due produttori con cui ho lavorato, Antonio Filippelli e Daniel Bestonzo, che hanno reso possibile questa italianizzazione della musica internazionale. Anche nei termini del pop, con le aspettative del pop, si può essere internazionali senza scimmiottare i cantanti stranieri. Avere fiducia negli altri ed essere premiati per questo, è una cosa bellissima.
8_ Le tematiche del tuo ultimo album parlano da sole. Stai vivendo un momento positivo?
Più che positivo direi sereno. Quello che non dipende da me, non posso cambiarlo. L’unica cosa che posso fare è cambiare il modo in cui guardo le cose e pormi al meglio nei confronti degli altri.