FASK intervista
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Aimone Romizi dei FASK: «La nostra è una storia di provincia»

Aimone Romizi, frontman dei FASK, ci racconta il loro esordio e la collaborazione con Luciano Ligabue. Leggi e ascolta l’intervista!

Aimone Romizi, frontman dei FASK (Fast Animals and Slow Kids), ci racconta il loro esordio e la collaborazione con Luciano Ligabue. Leggi e ascolta l’intervista!

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Aimone Romizi dei FASK: «La nostra è una storia di provincia»

Qui di seguito vi riportiamo l’intervista di Andrea D’AgostinoAimone Romizi all’interno di Arena Lattemiele: il programma pomeridiano di Radio LatteMiele in onda ogni venerdì dalle 16.00.

1_ Ti abbiamo praticamente “preso in prestito”.

Avete fatto bene, sono molto contento di essere qui. Anche se sono un po’ stanco, infatti tengo gli occhiali che sembrano da rockstar ma in realtà sono da persona che dorme poco e gravità spesso sulle autostrade.

2_ Dormire poco, nel tuo caso, è sinonimo di tanti concerti, musica e pubblico.

È un periodo abbastanza interessante. Arrivo qui a LatteMiele post Arena di Verona, quindi diciamo che l’emozione è alta: c’è dell’energia, anche se non si vede.

3_ È uscito da una quindicina di giorni il vostro brano in compagnia di Ligabue. La storia dei FASK è iniziata un po’ per gioco, no?

In realtà, è una storia piuttosto banale: una storia di provincia e in provincia molto spesso ci si annoia. Il rimedio alla noia fu creare una band. Abbiamo iniziato a frequentarci in una sala prove dopo le superiori, qualcuno era già all’università, semplicemente per passare del tempo. Ovviamente, la nostra passione era la musica. Suonavamo tutti in altri gruppi ma questa band è davvero nata per gioco. Giusto ieri, raccontavo a Luciano Ligabue il fatto che se io sono il frontman della band è perché con il batterista, anche lui un bravo cantante, ce la siamo giocata a morra cinese.

Aimone Romizi dei FASK: «La nostra è una storia di provincia»

4_ Ti è andata male quindi, dato che volevi suonare la batteria.

In realtà, col senno di poi devo dire che mi è andata bene e sono contento. Però sì, diamo che lo slancio iniziale era quello di trovarci in un contesto positivo, in cui poter comporre senza pressione. Molto spesso, quando si formano le band, c’è sempre l’idea di dover fare carriera, mentre noi ci siamo riuniti per berci delle birre e stare bene insieme. Siamo stati fortunati.

5_ Avete aspettato qualche anno prima di pubblicare un album o un EP. Ciò vuol dire che, dietro, c’è stato tanto lavoro o forse non eravate convintissimi?

Fino a quando non ti senti preparato, pronto, a fare una cosa è meglio non farla: devi saperla sostenere. Quando siamo usciti con della musica, noi eravamo al punto in cui avevamo le spalle larghe. Poi ovviamente non lo erano e la realtà ci ha presi a schiaffi, ma noi pensavamo di poterla sorreggere e così è stato.

6_ Avete capito che forse era il vostro mestiere.

Ci abbiamo messo un po’ di anni, ma io ricordo il momento in cui ho pensato che la musica non fosse più una semplice sala prove o un concerto tra amici. Alla fine del tour di “Alaska”, il nostro terzo disco, mi sono ritrovato in questa serie di concerti dove vedevo che le persone davanti a noi erano sempre di più, così tante che non le riconoscevo, che sapevano tutti i pezzi.

7_ Come è nato il vostro incontro con il Liga?

In realtà, è una storia abbastanza romantica: ci siamo scritti delle lettere o meglio, il corrispettivo delle lettere nel 2022, che sono delle mail con l’allegato. La cosa interessante è che tutto quanto è partito da un confronto musicale: gli abbiamo scritto una lettera in cui ci presentavamo e spiegavamo che tipo di musica ci interessava produrre. L’approccio iniziale era voler fare una chiacchierata e confrontarci con chi ha fatto la storia del rock’n’roll in Italia perché volevamo puntare in alto. Trovo molto importante il confronto, soprattutto con chi ha 30 anni di storia alle spalle che può dare un parere oggettivo su ciò che facciamo, cosa va e cosa non va.

Da lì, invece è nata l’idea di un pezzo insieme. Ligabue, alla nostra mail, ha risposto anche lui con l’allegato e ci siamo poi incontrati a Correggio. Nel suo studio, in cui abbiamo registrato “Il mio nome e mai più”. Lui è un personaggio in gamba, cerca di metterti a tuo agio.

Aimone Romizi dei FASK: «La nostra è una storia di provincia»

8_ Molto interessante, poi voi adesso siete all’Arena di Verona con lui.

Sì, ed è sconvolgente perché l’Arena è la storia. Dentro l’Arena ha suonato la storia della musica ed io sono sul palco con la storia della musica: è tutto abbastanza storico.

9_ Ormai vi chiamano tutti con l’acronimo FASK.

Esatto, è una grande fortuna perché pensa se il nome non fosse stato accorciabile…! Ci ha aiutati molto il farci chiamare FASK perché iniziamo ogni concerto presentandoci. Quindi dire che eravamo una band di Perugia, magari a qualcuno piacevamo e gli veniva voglia di cercarci su Google: era un grande slancio di marketing.

10_  Ci sono alcune date prima della fine del tour?

In realtà soltanto una, è rimasta quella di giovedì 6/10 e poi è finita. Comunque ne abbiamo fatte sette in compagnia di Liga, direi che è più che sufficiente.

11_ Quali sono i vostri piani adesso? So che partirai per un po’ di vacanza perché avete fatto un tour interminabile.

Sì, diciamo che il lavoro del musicista, e mi fa sempre strano dirlo, non finisce mai. Sei sempre lì che pensi a cosa fare e come farlo e soprattutto ragioni molto sulla musica: è una cosa che noi facciamo sempre. Considera che noi, come cosa quasi rituale, abbiamo questa smania di registrare qualcosa con la chitarra nella settimana subito dopo che esce un nostro disco. Se no ci sentiamo come se lo slancio artistico stesse finendo, siamo sempre in proiezione di noi stessi nel futuro. C’è una pausa ma è una pausa per rimettere in fila le idee.

Written by Redazione Lattemiele

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