Enrico Ruggeri in concerto
Foto di Enrico Ruggeri in concerto Credits: IG @enrico_ruggeri e Massimo Cappelleri
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Enrico Ruggeri: «40 vite da quando è nato il punk in Italia»

Enrico Ruggeri ci ha parlato del libro “40 vite (senza fermarmi mai)” e del concerto dei Decibel. Leggi e ascolta l’intervista al cantante!

Enrico Ruggeri ci ha parlato del libro “40 vite (senza fermarmi mai)” e del concerto dei Decibel. Leggi e ascolta l’intervista al cantante!

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Enrico Ruggeri: «40 vite da quando è nato il punk in Italia»

Qui di seguito vi riportiamo l’intervista di Francesco Bianco Enrico Ruggeri all’interno di Wake Up: il programma mattutino di Radio LatteMiele in onda dal lunedì al venerdì dalle 08.30.

Il mio nuovo libro è la storia della musica italiana.

1_ Nel libro “40 vite (senza fermarmi mai)” racconti la storia della musica italiana.

È la storia di questo paese, perché ho realizzato dischi in un’altra era geologica. C’è una storia vissuta tramite le mie canzoni. Sono andato in studio 40 volte, una per ogni album. Se calcoli due mesi per ogni disco, ho passato in studio 80 mesi della mia vita!

2_ Racconti anche come sei diventato famoso.

Il punk era visto come qualcosa di destra, perché non si conosceva. Ogni cosa che non si conosceva era di destra.

C’era una discoteca sotto il terrazzino di un mio amico discoteca che si chiamava “Piccola Broadway”, tra Via Redi e Corso Buenos Aires. Abbiamo organizzato un concerto che non si sarebbe mai fatto.

Era la prima volta che si nominava la parola “punk” e si fece un censimento dei punk lombardi, ne arrivarono circa 300. Le notti prima avevamo messo i manifesti nelle sede dell’ANPI e nelle scuole calde. Arrivarono due cortei e si picchiarono.

Io guardavo tutto dal terrazzino e capivo che sarei diventato famoso. Il giorno dopo in prima pagina nazionale c’era scritto: “Scontri al concerto dei Decibel”.

Era il 4 ottobre. A dicembre ero nello studio nel Castello di Carimate a registrare dopo un’asta tra le case discografiche. Siccome il punk andava forte all’estero era una gara visto che eravamo il primo gruppo italiano a livello cronologico a usare questa parola.

3_ Ti sei mai pentito di una canzone?

Tutte mi rappresentano. Poi è chiaro che oggettivamente alcune canzoni sono sopravvissute più di altre all’usura del tempo. Ci sono brani ingenui, alcuni che riscriverei diversamente ma al 90%.

4_ “Mistero” ti fece vincere Sanremo con Pippo Baudo.

Entrambe le mie vittorie sono state nel segno di Pippo Baudo.

5_ Ci sono due donne importanti: Loredana Bertè e Fiorella Mannoia.

Dopo i Decibel riparto da zero. Nel 1983 scrivo “Polvere”, che si fa notare, e mi chiamano al Festivalbar con Ivano Fossati, all’epoca era già famoso. Mi fa i complimenti e mi chiede una canzone per il nuovo album di Loredana.

Tra i brani che ho presentato scelse “Il mare d’inverno”  che divenne il singolo all’epoca. Io ero un ragazzo di belle speranze e lei era già famosa.

Nel 1987 ero più navigato quando ho scritto “Quello che le donne non dicono”. Sono il solo che vince il Festival e il Premio della Critica con due brani diversi: “Si può dare di più” e “Quello che le donne non dicono”. Il pezzo fu la consacrazione della carriera di Fiorella.

Una volta c’erano più occasioni per vedersi, come Festivalbar, Saint Vincent e la “Gondola” di Venezia. Ora non ci sono più, quindi è più difficile incontrarsi.

6_ Dici che all’epoca la vita dei cantanti era più interessante.

Sì, all’epoca ti facevano i contratti per cinque anni. Gli artisti che durano da allora sono quelli che al primo singolo non hanno venduto.

Se volevi durare non dovevi fare qualcosa che andava di moda, ma qualcosa che andava bene dopo un anno o due anni. Oggi con la contrazione del mercato devono fare quello che va di moda nel presente, ma se sbagliano sei fuori.

7_ “Dimentico” è legata ai malati di Alzheimer.

La Nazionale Cantanti è accanto a “La Meridiana – cooperativa sociale” che si occupa di persone con Alzheimer e da quando sono Presidente vado spesso a trovarli. Mi sono innamorato di questo posto.

Ho capito la tragedia di chi vive con persone con Alzheimer. Ho preso a cuore la cosa e ci ho scritto una canzone, come quando ho scritto quando sono andato a Sarajevo (“Primavera a Sarajevo”, 2002, ndr).

8_ Cosa invidi ai cantanti di oggi?

Francamente non mi viene in mente nulla, tranne che sarebbe meglio essere più giovane. Fanno una vita più difficile.

Noi potevamo sperimentare, ma ora sono ossessionati dal denaro. Con “Si può dare di più” ricordo interruppe lo sciopero per stampare i dischi.

D’estate feci una tournée con 45 elementi. Sarei andato in pari con tutte le date piene. Se avessi ragionato come adesso, mi sarei preso una bella macchina, ma non sarei stato felice come con il tour che ho fatto.

9_ Chi vorresti che leggesse il tuo libro tra i non fan?

Mi stanno scrivendo molti ragazzi che non sanno come si facevano i dischi una volta o cosa significasse chiudersi in studio per due mesi. È bello da leggere se sei un ventenne che fa musica.

Written by Redazione Lattemiele

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