Fulminacci esorta tutti a riprendere possesso del termine positivo che, causa Covid, ha cambiato significato. Leggi e ascolta l’intervista!
Qui di seguito vi riportiamo l’intervista di Claves e Simone Rossi a Fulminacci, Big in gara alla 71esima edizione del Festival di Sanremo, all’interno di A Tu per Tu con Sanremo: lo speciale programma di Radio LatteMiele in onda dalle 17.00 alle 20.00 durante la kermesse musicale.
1_ Recentemente hai detto che “non sarebbe stato un Sanremo sfigato” nonostante la pandemia in corso. Com’è stato?
Bello. Un’edizione felice nonostante la pandemia in corso che è il denominatore comune di tutto quello che facciamo. Se si esclude e si semplificano i numeri, durante la serata si può annullare e far finta che non esista. Abbiamo cercato di portare un minimo di allegria, o quantomeno di emozione, in un momento del genere.
È una situazione tremenda, di guerra. La musica c’è, la gente lo sta guardando e questa è la prova che è giusto che ci sia. Se sei a casa e non guardi Sanremo, vuol dire che lo stai facendo apposta!
2_ Il tuo brano sanremese “Santa Marinella” è una storia che ti hanno raccontato. Chi te l’ha raccontata? Come ti sei trovato con questa novità? Generalmente chi si esibisce sul palco di Sanremo porta un brano con cui si sente a proprio agio.
Quest’anno a Sanremo ho deciso di mettermi da solo in difficoltà. Anche con la cover – “Penso positivo” di Jovanotti – ho voluto cantare e suonare la batteria. Avevo preparato anche una coreografia che per motivi di regia non si è vista.
Per quanto riguarda il pezzo, l’ho scritto utilizzando un approccio diverso dal solito: non ho attinto direttamente dalla mia esperienza ma da qualcosa che ho ascoltato. Alla fine mi sono reso conto che la differenza è poca, in realtà.
È stato un piccolo furto consenziente e alla fine mi sono emozionato come se fosse stata opera mia. La canzone è sempre un misto di elementi tuoi e di altri, pezzi di film, libri, ciò che vedi, ascolti e acquisisci qua e là.
3_ Musicalmente parlando, dal punto di vista del cantautorato italiano, di chi sei figlio?
Di tanta gente. Ho vari zii e ci sono degli incesti probabilmente (ride, ndr)! Sono artisticamente figlio di vari personaggi, oltre ai classici De Gregori, Dalla e Battisti che sono la trinità del cantautorato. Poi c’è la scuola romana di Gazzè, Fabi, Silvestri, Bologna, Bersani. Poi ci sono i Beatles – da sempre parte della mia vita – Elton John, Electric Light Orchestra e il pop anni ’70.
Fulminacci: “Dobbiamo riappropriarci del termine positivo”
4_ Tra te e Jovanotti c’era già della stima reciproca?
Sì, mi sono sentito con lui. Gli sono molto grato per l’energia che mi sta dando in generale. Mi sta spingendo molto e questo è importante per una persona che ha iniziato da poco come me. È bellissimo sapere che un grande come lui mi stima.
5_ Scegliere “Penso positivo” per la serata delle cover è stata una buona mossa. La parola “positivo” nell’ultimo anno ha assunto un altro significato.
L’ho scelta anche in quest’ottica. Dobbiamo riappropriarci del termine positivo.
6_ Prima del Festival eri abbastanza tranquillo. In un’intervista hai detto che l’unica tua paura era quella di cadere dalle scale. Hai avuto per caso qualche trascorso?
No. Dovevo dare una risposta rapida e mi è venuta in mente la scalinata dell’Ariston.
7_ Il tuo nuovo album esce il 12 marzo 2021.
Sì, si chiama “Tante care cose” e conterrà 10 canzoni.
8_ Una domanda sul titolo che è la classica frase con cui ci si congeda. Ha una sorta di formalità?
Mi piace il suono di questa frase perché è un’espressione colloquiale che immagino pronunciata da Christian De Sica. È un bell’augurio in un momento del genere. La copertina del disco rappresenta una specie di festa, nella speranza che si torni presto a poter organizzarle e parteciparvi.