Gio Evan ci ha raccontato da dove ha tratto l’ispirazione per i nuovi brani e come è stato il tour estivo. Leggi e ascolta l’intervista!
Qui di seguito vi riportiamo l’intervista di Andrea D’Agostino a Gio Evan all’interno di Arena Lattemiele: il programma pomeridiano di Radio LatteMiele in onda dal lunedì al venerdì dalle 16.00.
1_ Nell’ultimo periodo stiamo ascoltando tanto “De Dominicis”, il tuo ultimo singolo, un nuovo percorso. Dopo aver parlato di temi ambientali come il mare, la natura, ti sei dedicato a qualcosa di più artistico. Ci hai raccontato che De Dominicis ha fatto la storia del ‘900.
Ha fatto soprattutto lo scandalo del ‘900 perché è stato quell’artista che ha scioccato il ceto borghese. Lui era questo uomo elegante e credibile alla società, cosa che io oggi non sono. Con la sua credibilità è riuscito a rompere i meccanismi di quello che era il consueto di allora, presentando quindi l’improponibile.
2_ “L’improponibile” tu come l’hai assorbito?
Grazie alla noia. Io sono veramente annoiato dalla realtà: penso che sia diventata la cosa più irreale che ci sia oggi e quindi abbiamo bisogno di fare questo switch verso l’improbabile, verso l’incredibile e De Dominicis, come ogni artista, è un archetipo che invita a fare queste peripezie.
3_ Ci ho trovato anche la voglia di raccontare l’artista facendolo sembrare un po’ più umano. Può essere? Per esempio, la frase “Sì, lo so, sono strano però anche tu”, è vero che De Dominicis è un tipo particolare, ma lo siamo anche noi.
Infatti, lo dice proprio De Dominicis che noi non diamo valore alla nostra stranezza. La stranezza viene vissuta oggi come una sorta di vanità spropositata oppure come un difetto da nascondere. Invece, la stranezza significa solamente “straniero” ed è quella sensazione di non sentirti a casa. Devi sentirti ospite e trattare con cura la casa in cui ti trovi perché non è la tua.
4_ Gli alieni, alla fine, li hai trovati o no?
Continuamente, ma meno che quel giorno. Mi hanno detto che se l’avessi fatto davanti a tutti mi avrebbero negato, quindi sì, ma non quel giorno lì. Pochi segnali.
5_ Era chiaramente un riferimento al video che accompagna il singolo “De Dominicis” in cui ci sei tu davanti a una ex fabbrica, giusto?
Sì, era una ex fabbrica di non so nemmeno cosa che però si prestava tantissimo alla performance. Io ho il desiderio di non fare più videoclip perché quel mondo lì non mi piace e sono proprio interdetto. Dato che volevo iniziare a fare delle performance art, abbiamo unito le due cose e sono andato a fare questa performance, vedendo poi che stava bene con “De Dominicis”.
6_ Cosa avevi in mano?
Avevo vari pezzi di ferri che ho trovato proprio lì in giro.
7_ Sempre a proposito di video, quello di “Hopper” ha una storia totalmente diversa perché il budget che era stato stanziato hai deciso di devolverlo in beneficienza. Hai poi realizzato il video col cellulare, riprendendoti in varie attività.
Esatto, tutta l’organizzazione del videoclip mi mette addosso uno stress incredibile. Io collaboro dal 2004 con un orfanotrofio in Ecuador, siamo in intimi rapporti, quindi ho pensato che questa cosa si sarebbe potuta fare. I soldi te li danno, quindi tanto vale fare una cosa più utile.
8_ Ti sei divertito, però, a farlo.
Ero super contento, perché mi piaceva tantissimo l’idea. I video mi piacciono solo quando c’è una bella idea dietro. Preferisco un con una bella sceneggiatura piuttosto che Avatar. Preferisco una buona dialettica, un Woody Allen.
9_ Anche “Hopper” è un altro artista particolare con le sue donne solitarie nei quadri.
Grazie a lui ho lavorato sulla solitudine perché mi sembrava proprio l’archetipo migliore. Si prestava tanto.
10_ Parlando invece di ciò che è diametralmente opposto alla solitudine, quindi le feste, festival e grandi concerti: quest’estate c’è stata la prima edizione di EvanLand, com’è andata?
Inaspettatamente è andata bene. Era un progetto più grande di noi ma avevamo veramente la visione di volerlo fare e ci abbiamo esattamente messo un anno a prepararlo. Tutti i giorni aggiungevamo qualcosa quindi non ci aspettavamo tanto, dato che siamo arrivati veramente molto stremati ma abbiamo visto che funzionava. Il nostro obiettivo era fare il concerto e diventare delle specie di Buddha, avere luce (e ne abbiamo avuta). Eravamo in tantissimi e tutti lucenti. È stato così bello, da rifare.
11_ È diventato praticamente un tour. Cosa porti di quell’esperienza nel “Sull’Emani tour 2023” che partirà a febbraio?
Volevamo fare un tour all’interno dei club, c’era proprio questo desiderio di tornare nei posti dove c’è energia proponendo però “un effetto EvanLand”: gli ospiti che apriranno gli show non saranno musicisti ma maestri, sciamani e stregoni. Porteremo uno spettacolo il cui tema principale è l’emanazione. Infatti è “Sull’Emani” e non “Su le mani”, non è un concetto hip hop!