Massimo Di Cataldo, con Andrea Agresti, ci ha parlato del brano “Una canzone brutta” e del disco “30 anni assieme”. Leggi e ascolta l’intervista!
Qui di seguito vi riportiamo l’intervista di Sara Ventura a Massimo di Cataldo e Andrea Agresti all’interno di Non sarà una Ventura: il programma pomeridiano di Radio LatteMiele in onda dal lunedì al venerdì dalle 14.00.
1_ Massimo di Cataldo sei qui per presentare il tuo disco “30 anni insieme” e, con la Iena Andrea Agresti, il nuovo singolo “Una canzone brutta”. Che trent’anni sono stati Massimo?
Massimo: Pazzeschi, chi se lo sarebbe mai aspettato! Quando ho iniziato è stato un esordio quasi in punta di piedi.
Mi ricordo che mandai un’audiocassetta via posta al concorso di Castrocaro e da lì è successo tutto – il contratto con Sony Music – e da allora le cose sono andate avanti. È difficile condensare in pochi minuti tutti questi anni.
2_ L’album è stato anticipato da “Una canzone brutta”: il brano inedito realizzato insieme ad Andrea. Com’è nato questo connubio?
Andrea: Massimo un giorno mi chiama e mi dice: “Ciao Andrea, ho scritto una canzone brutta. Vorrei cantarla con te”. L’ho ascoltata ed era un pezzo ganzissimo. Ho risposto: “Assolutamente sì, ci sto. Non vedo l’ora”. Abbiamo registrato, io a Tortona e lui a Roma.
3_ Avete entrambi un background rock. Influenze in comune?
Massimo: Io sono più morbido. Per me i The Rolling Stones e i Led Zeppelin sono già troppo (ride, ndr).
Andrea: Per me gli Zeppelin sono morbidi, ascolto dagli Iron Maiden in su. Roba più cattiva, vado ancora ai concerti a pogare!
4_ Per presentare il disco ci sarà il “30 anni insieme – Live Tour”.
Massimo: Ci saranno tante date. Il Tour si sta evolvendo, è stata una vera e propria ripartenza. Piano piano si riprende la vita che un artista era abituato a fare pre-pandemia. Sicuramente ci saranno delle tappe invernali, ci stiamo lavorando.
Spero di avere ospite anche Andrea che, nel frattempo, è anche lui in giro per l’Italia con un suo spettacolo divertente sui cartoni animati rock.
Andrea: Rimarrò fedele alle musiche che devono rimanere come tali, cambierà solo la voce che sarà la mia. Gli arrangiamenti e i suoni sono quelli originali. Ho una band con cui faccio live di musica anni ’70-’80 e ’90 nel centro-nord. Massimo invece, sarà nel centro-sud. Sarà difficile beccarci. Forse ci incontreremo a Modena o nei club invernali.
5_ C’è un interesse da parte della gente di tornare ad ascoltare la musica di una volta.
Probabilmente la musica nuova rilascia poche endorfine quando la ascolti.
6_ Oppure è catalizzata su una specifica generazione?
Andrea: Le canzoni degli anni ’60 sono belle anche se le ascolti distanza di anni. I brani contemporanei, ne parlo da ascoltatore medio, nascono per essere consumati in tempo breve.
Sono musica effimera. È come un’opera d’arte fatta su uno specchio utilizzando il vapore: sarà anche un capolavoro ma, se apri la finestra… Fine dell’opera d’arte. Sono un poeta anch’io, ogni tanto (ride, ndr).
Massimo: Effettivamente è vero. Tempo fa ascoltavo un’intervista di Sting in cui diceva che le canzoni nuove mancano di struttura. Prima c’erano le strofe, il ponte, il ritornello, lo special (o bridge) che portavano a una sorta di risoluzione terapeutica.
Quando si arriva a quel punto, scattava qualcosa dentro. Mentre ora, si ripetono quattro accordi e devi ascoltare tutto il disco per poter avere qualche sensazione in più. Mancano un po’ i contenuti emotivi, a mio parere.
Spesso i testi parlano delle situazioni vissute da questi giovani artisti. Mi colpisce come i ventenni di oggi cantino delle canzoni tristi, decadenti, come se fossero arrivati alla fine della loro vita. Sono pieni di rancore.
Questo mi dispiace. Mi piacerebbe ritrovare un po’ di positività, di leggerezza nei testi. Che vita hai fatto per avere tutto questo rancore a 20 anni?!
Andrea: La classica canzone del sole di Battisti, insomma. Avessi venduto io milioni di dischi, come alcuni di questi cantanti, sarei stato felicissimo. Altroché!