Nadia Scherani ci ha raccontato della sua esperienza come coreografa dello spettacolo “Controcorrente” di Italy Bares (Lattemiele è partner).
Qui di seguito vi riportiamo l’intervista di Sara Ventura ed Edoardo De Simone a Nadia Scherani all’interno di Spoiler: il programma mattutino di Radio LatteMiele in onda dal lunedì al venerdì dalle 11.00.
1_ Tu sei la coreografa dello spettacolo “Controcorrente” di Italy Bares.
Italy Bares è uno spettacolo con cui collaboro da cinque anni. L’ho visto nascere. Sono legata al messaggio che trasmette. Dopo aver iniziato come danzatrice e tecnico, quest’anno sono coreografa e lavoro anche con i ballerini del Teatro alla Scala.
2_ Com’è lavorare con loro facendo una coreografia in linea con lo spettacolo?
È stimolante perché hai la possibilità di curare il lato estetico. Loro sono bellissimi e bravissimi. Quando immagini una linea te la ripropongono uguale.
In primis ci si informa sullo spettacolo, poi si collabora con il regista, in questo caso Mauro Simone. Io sono in coreografia associata con Damiano Artale. Abbiamo unito i nostri stili.
Lui è un’eccellenza della danza contemporanea, ballerino e coreografo. Ha già fatto lo scorso anno Italy Bares e insieme ci siamo interfacciati con regia e reparti creativi.
Portare avanti la storia significa avere un link tra dialogo e linguaggio del corpo. È difficile, ma fluisce con empatia e ascolto.
3_ Fuori onda parlavi di “Fatalità” di Raffaella Carrà.
I passi su questa canzone ce li ha insegnati Manuel Frattini, la persona a cui dedichiamo lo spettacolo.
4_ È stato difficile unire il tuo mondo e quello di Damiano?
È stato facile, abbiamo avuto fortuna. Entrambi abbiamo una formazione di danza classica con una vena contemporanea e moderna. I passi preferiti erano gli stessi, iniziavamo una frase e la completavamo a vicenda.
È stata una sinergia di fiducia, unione di stile e linguaggio. È il valore di quello che esprimiamo che vince sempre.
5_ Cosa fa una coreografa?
Dipende dal tipo di spettacolo. Io faccio musical, l’ultimo è stato “Sister Act”.
Prima si legge il copione, nel caso del teatro musicale. Se è solo danza hai maggiore carta bianca e meno canali. Invece, in questo caso, devi pensare a come ballerebbero le suore, ad esempio. Mi sono divertita.
Una volta pensata e immaginata una coreografia, la disegni e poi ne parli e la proponi al regista. Vedi se combacia con le scenografie, se è attinente al testo. Poi la crei sul corpo e, nel mio caso, disegnata su pezzi di carta sparsi per casa ma in ordine nella mia testa.
6_ La pensi sulla base dei ballerini? È vero che tutti possono ballare?
È sempre una casualità. Ogni spettacolo ha una coreografia con una direzione diversa. Nel mio caso, essendo un’insegnante, la costruisco sui miei studenti e ha una finalità didattica.
Nelle varie tournée ho fatto io stessa la ballerina. Essendo stata sia performer come ruolo che ensamble ho una visione ampia di quello che il ballerino prova sul palco. Ho lavorato con danzatori pazzeschi e attori scoordinati.
Mi piace creare un livello equo per tutti, affinché si sentano a casa ballando la stessa musica.
La mia maestra aveva una maglia con scritto: “C’è un ballerino in ognuno di noi”, quindi tutti possono ballare. Prima di tutto bisogna studiare e affidarsi a validi insegnanti, oltre ad avere tenacia.
Gestisco un’accademia di musical e noto che negli anni ’80 e ’90 la forza di volontà era maggiore.
7_ Lavori anche con persone con disagio psichico.
Sì, sono tenaci. C’è un grande ascolto e uno scambio amorevole e profondo tra loro e me. Altrimenti non porti a casa uno spettacolo.