Ci sono voluti anni, ben 16, ma alla fine ce l’hanno fatta. I Negrita per i 25 anni di carriera tornano in gara al Festival di Sanremo.
Per il venerdì dei duetti, la band ha optato per: Enrico Ruggeri, definito «uno come noi, non ha mai fatto il botto da stadi ma ha sempre mantenuto un certo valore artistico» e Roy Paci, considerato «una sicurezza».
Sanremo 2013
«Quell’esperienza, nel 2003, ha lasciato il segno. Fu una scelta acerba, con un brano sbagliato (Tonight, mai più eseguito neppure dal vivo). Arrivammo terzultimi e non ce la vivemmo bene. Ci sentivamo fuori contesto. Da band ribelle, come ci sentivamo, avevamo scelto un brano, di cui non eravamo convinti, fuori dai nostri standard. E ce ne pentimmo» ha raccontato Drigo.
Ora, più maturi e meno inclini a farsi influenzare dal risultato, Pau Mac e Drigo sono pronti a partecipare all’edizione firmata da Claudio Baglioni che a detta della band, è qualcosa di “innovativo e artisticamente di qualità”.
I ragazzi stanno bene
«Ci avevano chiamato anche un anno fa, ma non c’erano i tempi tecnici e con l’organizzazione del tour, così declinammo l’invito» ha spiegato la band toscana, che quest’anno gareggia con I ragazzi stanno bene: il brano che, non solo verrà presentato al Festival, ma che da anche il nome al nuovo album-raccolta, celebrazione dei loro 25 anni di carriera.
Il Best-of che comprende 32 brani più famosi e 3 inediti, uscirà l’8 febbraio e sarà accompagnato da un tour.
«I ragazzi stanno bene siamo noi, ormai adulti, genitori con la testa sulle spalle, ma sono anche i nostri figli adolescenti, nativi digitali, che ci permettono un accesso preferenziale a un mondo a noi lontano. Il brano è soprattutto una riflessione esistenziale, sulle nuove generazioni, sui giovani, sul fatto di non voler accettare le cose imposte da altri, da scuola, stato, televisione: tocca vari punti da cui poi si distacca» continua Drigo.
Anche un pizzico di politica
Anche il tema dei migranti compare all’interno del testo:
«Guardo al pezzo come un dipinto, e i migranti ne sono una pennellata. Non possiamo rimanere insensibili davanti a questa gente che soffre e scappa. Ma mi chiamo fuori dalla discussione su quali siano le scelte giuste per chi ha di fronte la ragion di Stato. Non avrei mai fatto il politico, ci vuole stomaco per prendere certe decisioni» ha concluso lo stesso Enrico Salvi (Drigo).